ENNIO FINZI, 42 opere inedite
ENNIO FINZI, 42 opere inedite, 1950-1955
A cura di Giorgio Cortenova e Toni Toniato, Mazzotta editore, Milano 1987
VERONA, GALLERIA D'ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA PALAZZO FORTI, 14 marzo-16 maggio 1987
[…] Perché quel gesto empirico, contingente, antistorico, che Finzi pone in dia¬lettica con la maggiore determinazione del segno, in realtà non definisce un'azione che rimane lì, nella polvere del quotidiano, ma sfonda invece la materia alchemicamente, trasformandola in pura luce: antica ostinazione veneziana, si direbbe. E infatti Finzi, come Vedova e Tancredi, come Guidi e De Luigi, non ossequia le proprie origini ma non le tradisce: anzi, le fa sue per esaltarne la potenzialità di rinnovamento e per contestarne il richiamo all'immobilismo.
D'altra parte il segno tende, fin dai lavori di quegli anni, a evadere dal buio della materia come epifania di uno spettro solare ancora in formazione: appare come forma in fieri, improbabile e oscillante tra la concretezza e l'evanescenza. La sua dimensione fenomenica, anche questa volta, non si ferma al dato di fatto ma allude ad "altro", vorrei dire alla idea della luce. In secondo luogo, la singolarità di Finzi è quella di non spingere l'accele¬ratore in chiave espressionistica, anche se non gli è estranea la denuncia di uno stato di sofferenza esistenziale che sconfina nell'esplosione tipica di un Vedova.
Ma è assente dal suo mondo pittorico la negazione di ogni possibile esi¬stenza in positivo, atteggiamento che invece caratterizza il segno "defini¬tivo" di un Kline o di un Hartung. Il fatto è che Finzi introduce nell'empiricità gestuale e segnica un processo d'astrazione interiore, l'esigenza di uno sguardo riflessivo, un pizzico di Zen orientale che si rivolge alla mente e allo spirito, più che alla retina e ai centri dell'apparato nervoso. Guarda caso, anche qui sembra funzionare la linea Guidi-De Luigi e certo lo spa¬zio "altro" di Lucio Fontana. Il processo di astrazione si avvia perciò, di lavoro in lavoro, verso una dimensione cosmica, e quella luce fondata sul buio della materia perde qualsiasi contenuto naturalistico: si presenta in¬fatti come atto mentale e si colora di acidità fortemente artificiali […].
Giorgio Cortenova, Il gesto della luce, 1987
