Evento

T. Toniato, Finzi, in “Evento. Cronaca e critica delle arti”, anno II, n. 1, Venezia, dicembre 1957

Per Finzi il timbro è in sé una continuità di momenti, una fluente accensione di stati lungo una profondità intuitiva per l'immediatezza di un «excursus», elevato tematicamente a stile, di una esistenza, totale, costantemente perseguita, ricercata su ogni possibile direzione. Allora il ritmo acquista la sua dimensione interna, quella della presenzialità di un processo materia-mondo liberandosi dalla successione come dalle molteplicità dei piani dentro uno spazio attivizzato dalla adimensionalità della luce.” Mentre lo spazio “non è più una superficie divisa o ricuperata da un a priori della sensazione, ma presenza di un tempo integrale, esservi, che ha il valore conclusivo di una creatività operante.” Il ritmo “si rivela come la qualità sensibile dell’essere, non l'avvertimento della sensazione, ma la partecipazione alla natura, un «fiat» impercettibile, che implica nell'esserci la visione sostanziale alla determinazione del suo valore.”. La materia “se è mediazione dell'esternarsi delle sensibilità, la sua incorporazione invisibile, è anche una visione, che assorbe l'unica dimensione di natura realizzante, cioè la sua condizione esistenziale, una sostanza, che non si può evadere senza rifiutare la sua realtà operante nel mondo. Questa materia in Finzi è divenuta la forma del tempo, l'esperibilità logica, che inviene la necessità strutturale nelle sue funzioni partecipate.” Ed è in quella materia, continua Toniato, “che questa dimensione costituisce i predicabili della totalità del farsi nell'evento. Non modulo quindi anche se la «pittura» è resa alla elementarietà dell'origine, che la costituisce, cioè alla sua pre-forma in una potenza, che al di là di essere sintesi di un sentimento, sempre inassoluto, è totalità della sua armonia naturale nella coscienza, all'essere della sua significanza. E nell'opera di Finzi le sue accensioni sonore, esplosive e meditate, inventive e automatiche, che si operano come figurazione di quella significanza sono come porposità elettroniche riducibili a una decantazione cellulare dello spazio-luce, internamente scandite da una tensione seriale in un continuo esserci.
[…] Per questa essenzializzazione, concorre il registro di una bellezza imperduta, moralmente conquistata nel suo ordine espressivo. Associazione d'immagine, che arriva a mortificarsi in una elementarietà, in un equilibrio apparentemente precario, ma ricco di fervori fecondi, che generano il moto dell'anima. È un embrione della energia, una tensione prima che l'evento chiuda il suo circolo. Così il ritmo di quell'atto, il farsi del reale si affida a una sottile personanza nella durata della sensazione, nel presente implicante ogni dissonanza, ogni determinazione casuale. E’ la profondità di uno spazio non impuro, realtà aperta pertanto alle sollecitazioni delle forze vive, alla sostanza incorruttibile di una presenza assoluta, tavole che hanno la resistenza sensibile dell'attimo nell'indefinito realizzarsi del reale, la sua immedesimazione di natura fenomenale. Inizio delle cose, anteriorità o forse sussistenza di una verità che dà nome alle cose.