Nel 1999 terminato l’impegno di docente presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia, da avvio a un lungo rapporto commerciale in esclusiva con il gallerista Dante Vecchiato di Padova. Partecipa con due lavori anni cinquanta, “Ritmi vibrazioni” e “Giallo su grigio”, alla mostra “Emblemi d’arte. Da Boccioni a Tancredi. Cent’anni della Fondazione Bevilacqua La Masa, 1899-1999” a cura di Luca Massimo Barbero che nel frattempo ha assunto la presidenza dell’istituzione veneziana.
A distanza di 40 anni dalla sua prima partecipazione, è invitato alla XIII Quadriennale d’Arte di Roma dove espone tre grandi quadri della serie “Il verso del colore” realizzati appositamente per la manifestazione romana. Con ulteriori tre opere degli anni cinquanta è inoltre presente alla mostra “Venezia 1950-59. Il rinnovamento della pittura in Italia” a Palazzo dei Diamanti a Ferrara, curata da Maria Grazia Messina con la collaborazione di Dino Marangon. Il carattere ampiamente dirompente ed esplosivo della serie denominata “Dimensione cosmica” Spazio disintegrato”, “Esplosione”, eseguita fra il 1956 e il 1957, si propone, secondo quanto scrive Maria Grazia Messina, con le medesime intenzioni delle coeve “Esplosioni” di Bacci, facendo “dell’assolutezza abbagliante della luce, l’altra faccia, estatica, dell’ormai nota vertigine del vuoto”.

Roma, 1999, XIII Quadriennale d’Arte
Sul finire del 1999 espone a Cittadella con Olivieri, Raciti e Strazza. Curata da Giuliano Menato, la mostra, allestita all’interno delle signorili sale affrescate di Palazzo Pretorio propone la serie dei Versi del colore nel formato 150x150 cm.

Con Riccardo Guarneri e Claudio Verna
Con Guido Strazza, Claudio Oliveri, Giuliano Menato e Mario Raciti
Nell’aprile del nuovo anno presenta inoltre una ventina di olii su cartoncino della dimensione 70x100 cm alla Galleria del Teatro Comunale di Lonigo. Dal confronto con Riccardo Licata nasce l’importante esposizione allestita da Giovanni Granzotto nelle sale del Castello Cinquecentesco dell’Aquila e successivamente al Museo Nazionale Villa Pisani di Stra.
Con il decisivo sostegno dei fratelli Lucchetta di Euromobil realizza una monografia sui “versi del colore”, con testi in italiano e inglese, che presenta durante la prima mostra alla Dante Vecchiato New Art Gallery di Padova.

Nell’estate del 2000, con l’intenzione di ricordare il Soprintendente di Urbino Pasquale Rotondi, che durante la seconda guerra mondiale mise al riparo migliaia di opere d’arte nella rinascimentale Rocca di Sassocorvaro, Dino Gavina dà forma al progetto “Quattro mostre. Venti artisti” attraverso le opere, tra gli altri, di Finzi, Landi, Bonalumi e Olivieri.
Due “architetture del colore” sono oggetto, da parte della Scuola Mosaicisti del Friuli a Spilimbergo, di “reinvenzione” attraverso il mosaico. La mostra viene allestita nella prestigiosa Villa Manin di Passariano di Codroipo e vede la partecipazione di 28 artisti tra i più noti in Italia.
Per le celebrazioni del 250° anniversario della sua fondazione, su iniziativa dello scultore Giancarlo Franco Tramontin e tra gli altri di Ennio Finzi e Riccardo Guarneri, si istituisce il “Nuovo Museo dell’Accademia di Belle Arti di Venezia” Il nucleo di opere destinato alla collezione permanente (l’artista dona “Il nero, il giallo, il rosa” del 1990) vengono esposte in due tempi, dapprima nella sede dell’Accademia di Venezia, successivamente a Villa Manin con il titolo “’900 all’Accademia. Opere per il Nuovo Museo”, a cura di Saverio Simi de Burgis e Marco Tosa.
Nel corso dello stesso anno, oltre ad esporre opere recenti, alcune gallerie ripongono la loro attenzione commerciale su quelle del passato: la Box Art di Sergio Gaburro realizza una prima mostra che unisce le ricerche gestaltiche degli anni sessanta e settanta ai successivi cicli del nero; quest’ultimo tema viene esaminato nuovamente da Diego Collovini in occasione della personale alla Galleria Comunale d’Arte Ai Molini di Portogruaro. La Galleria Multigraphic di Venezia realizza su iniziativa dell’editore Luciano De March tre grandi serigrafie di altrettanti soggetti anni cinquanta presentate da uno scritto di Dino Marangon; mentre su iniziativa di Giorgio Di Genova il Museo d’Arte delle Generazioni italiane del ‘900 “G. Bargellini” di Pieve di Cento ospita la mostra “Finzi-Zotti. Un artista aniconico ed un iconico da Venezia”.

Quando non sono espressamente “Omaggi a Ennio Finzi”, le mostre del 2002 sono tutte improntate alla riscoperta e alla rivisitazione di precisi ambiti del suo passato: “Tra cinetismo e spazialismo” è il tema che tocca Carlo Franza nelle mostre degli Show Room di Telemarket a Milano, Napoli e Roma; “La luce negata” quello affidato a Di Martino per le opere degli anni 1987-88 della collezione Euromobil esposte a Villa Brandolini di Pieve di Soligo, mentre Granzotto avvia un’ampia ricognizione storica sull’intera sua vicenda artistica (“Un maestro contemporaneo apprezzato e considerato dalla critica più attenta, ma di cui ancora non si era compreso ed approfondito il ruolo fondamentale, talvolta decisivo, di trascinatore ed innovatore dei movimenti artistici veneziani di questi ultimi decenni”) collocandola all’interno delle “avanguardie del dopoguerra”.
Nascono due eventi significativamente importanti: il primo nel cinquecentesco Complesso Monumentale di San Salvatore in Lauro a Roma, il secondo a Spoleto presso la Galleria Civica d’Arte Moderna Palazzo Callicola. Le sue opere vengono poste a confronto con quelle di Soldati, Fontana, Veronesi, Guidi, Vedova, Crippa, De Luigi, Tancredi, Bacci, Vianello, Santomaso, Afro, Burri, Turcato, Munari e Le Parc.

Spoleto, Palazzo Callicola, 2002-2003, Ennio Finzi. Venezia e le avanguardie nel dopoguerra
Enrico Crispolti espone un’opera degli anni cinquanta dal ciclo “ritmi vibrazione” nell’importante rassegna “Dal Futurismo all’Astrattismo”, allestita al Museo del Corso di Roma tra l’aprile e luglio del 2002, ricordando di essere rimasto a lungo
monopolizzato dal vivido ricordo di tali immagini di sprazzi sottili di luce, assolutamente nuove, eppure originalmente connesse appunto alla plausibilità fenomenologica delle formulazioni spazialiste veneziane” anche quando “la qualità lirica del cromatismo luminoso, gestualmente epifanico s’affina e s’ammorbidisce in una straordinaria spettacolarizzazione sensitiva che gioca pur sempre sull’effimero dell’apparizione subitanea e transitoria d’una insinuante traccia di luce.
Enrico Crispolti
Una delle prime ricognizioni storiche sulla cosiddetta ultima avanguardia del Novecento è la mostra “Le Parc, Garcia Rossi, Demarco e altre testimonianze del cinetismo in Francia e in Italia”, realizzata tra il 2002 e il 2003 al Complesso Monumentale di Sana Salvatore in Lauro e in seguito alla Galleria Civica d’Arte Moderna di Spoleto. Introdotta a catalogo da Maurizio Calvesi e curata da Giovanni Granzotto, l’esposizione riconsidera non solo i protagonisti del GRAV ma in generale anche la ricerca percettivista e gestaltica elaborata negli stessi anni in Italia attraverso le opere di Finzi, Munari, Alviani, Varisco, Colombo, Biasi e Costalonga.
Nel corso del 2003 espone inoltre alla galleria Liba di Pontedera assieme a Licata e Santomaso; esce il volume biografico “Cinquant’anni di pittura raccontata”, curato da Michele Beraldo per le edizioni Canova di Treviso; prende parte alla mostra “Fiamma Vigo e ‘Numero’. Una vita per l’arte” che l’Archivio di Stato di Firenze dedica alla celebre gallerista e alla rivista da lei fondata.
Rinnovata e allestita da Kazuhide Takahama, il 16 aprile 2004 Dino Gavina apre a Bologna Galleria Accursio con la mostra “Moderni e contemporanei”. L’esposizione è in parte finalizzata a mettere in risalto gli autori che nel corso del tempo sono entrati nell’orbita d’interesse dell’imprenditore bolognese (di Finzi viene esposto “Bianco su bianco” del 1959 e “Vibratile Luce” del 2003) o che hanno partecipato alle attività del Centro Duchamp, inaugurato nel 1967 a San Lazzaro di Savena.
Nel corso del 2004 realizza due mostre alla Galleria Vecchiato di Padova, una prima di sole opere su cartoncino 70x100 nero sulle quali torna a rappresentare tramite l’aerografo alcuni tracciati in espansione luminosa accanto a interferenze e interventi di tipo pittorico; con la seconda, composta di opere su tela, l’artista presenta la nuova serie denominata “Grammaticando”, la cui gestazione avviene a partire dalla fine del 2002, e il cui titolo riconduce all’utilizzo di una sintassi che apparentemente si ricollega a certi modi formali di natura dirompente e gestuale risalenti agli anni cinquanta, salvo accostarli a sequenze geometriche di luce pulsante o in lenta attenuazione. Assume quindi dall’interno del suo formulario stilistico, diverse grammatiche attraverso le quali ricompone un nuovo spazio di “ludica evasione” che contraddistingue il suo percorso pittorico almeno fino il 2007.
Prende parte alla mostra “Tancredi e lo spazialismo veneto”, a Palazzo delle Contesse a Mel (Belluno), sul tema, le relazioni e le influenze esercitate dall’artista feltrino e dallo spazialismo in ambito veneziano.
Ancora nel 2004 ripropone alcuni grandi quadri neri alla Galleria Nanni di Bologna, mentre nel 2005 la mostra “Ennio Finzi e gli Spazialisti”, a Palazzo Ducale di Urbino, costituisce un ulteriore momento di riflessione e approfondimento (così come quella al Loggiato San Bartolomeo di Palermo nel 2006) sulla complessità del lavoro dell’artista, “delle sue avventure, delle sue conquiste, delle sue scoperte, ma anche del suo incontro con sé stesso”.

Nell’aprile 2006 esce la monografia “Flipper” dedicata ai più recenti sviluppi delle opere realizzate su carta. Edita dalla Galleria Meeting di Mestre e introdotta da i testi del filosofo Massimo Donà e da Toni Toniato, la monografia raccoglie oltre 100 lavori di dimensione 33x35 cm eseguiti nel corso degli ultimi anni a pastello su cartoncino nero: “scintillanti ‘capricci’, rapinosi ‘mottetti’, vorticose ‘fughe’ – scrive Toniato a distanza di quasi vent’anni dall’ultimo testo su Finzi - composte su una partitura di sconvolgenti variazioni formali ed articolate per eccentriche sezioni geometriche, per avventate combinazioni ritmiche e timbriche, minando con drammatica tensione la struttura tipologica del quadro, trasformato in nastro di scorrimento di impulsi elettrici, in una superficie attraversata da accidentati magnetismi sonori.”
Nel corso dello stesso anno alla Galleria d’Arte Moderna Manes di Praga e in seguito nel 2007 a Palazzo Reale di Napoli, la sua pittura viene posta a confronto con quella di Gino Morandis.

Praga, 2006, Galleria d’Arte Moderna Manes, Ennio Finzi-Gino Morandis
Finzi e Tancredi sono invece i protagonisti del terzo appuntamento della serie di cinque mostre “Spazialismi a confronto”, allestite nella sala ipogea del civico museo trevigiano di Santa Caterina e curate da Dezuanni, Pouchard e Granzotto. “Senza Tancredi io non vengo”, giustifica in questo modo la sua ritrosia a presenziare il giorno dell’inaugurazione l’artista, che “in sordina, senza farsi annunciare e senza cercare pubblicità” – visiterà la mostra a distanza di mesi. “Sono opere di sessant’anni fa – risponde al giornalista che gli domanda quali emozioni prova nel rivedere i suoi lavori giovanili – quindi non mi suscitano alcuna emozione. Soltanto la memoria di questo grande amico che è stato Tancredi, un coetaneo che ritenevo il più intelligente, il più sottile, il più duttile, il più stupendo”; mentre alla domanda se “trova appropriato l’accostamento dei suoi quadri con quelli di Tancredi”, risponde: “E’ perfetto. Io e lui eravamo in continuo conflitto perché Tancredi costruisce e Finzi demolisce. Per questo stiamo bene insieme: siamo i due opposti. Insieme rappresentiamo un universo perfetto”.

Lo storico dell’arte Nico Stringa inserisce “Grigio su grigio” del 1964 nella importante retrospettiva dedicata a Giuseppe Santomaso allestita alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia nel 2008, accanto alle opere di Manzoni, Fontana, Afro, Burri, Guidi, Deluigi e Poliakoff.
Nella Scuola Grande San Giovanni Evangelista di Venezia, Dezuanni e Pouchard ricompongono a distanza di cinquant’anni il proficuo rapporto commerciale che in passato c’è stato tra l’imprenditore veneziano Attilio Arduini (di cui l’artista “ricorda con riconoscente affetto il metodo rigoroso di accumulare amorevolmente e disinteressatamente le opere che amava”) e i pittori Pontini, “straordinario interprete della realtà nel sociale” e Finzi. Nel frattempo si costituisce a Mestre l’Archivio Enni Finzi con l’intento di contrastare il commercio dei falsi e dare seguito al progetto di un catalogo generale delle opere dell’artista.
Attorno alla centralità del tema dell’Astrazione è la mostra di Palazzo Trentini a Trento - con le presenze, tra gli altri, di Bendini, Bizzarri, Bressan, Cappelletti, Finzi, Guarneri, Lacasella, Morales, Patelli, Sermidi, Strazza e Verna -, realizzata, come spiega Marangon, “per il piacere di creare liberi accostamenti e rilevare autonomi parallelismi”. È inoltre sempre il critico veneziano a presentare per la prima volta alla Galleria comunale d’arte contemporanea di Portogruaro il nuovo ciclo di opere “dalla serie flipper” in cui sembra “affacciarsi una sensibilità nuova”. Il titolo della mostra, “Io non sono lui”, viene spiegato da Marangon attraverso una penetrante analisi del comportamento sociale dell’artista: il suo essere sempre più intollerante, il non curare alcun rapporto con la critica, trascurare il mercato e le buone norme commerciali che lo regolano.
Toni Toniato dedica al lavoro di Finzi il ponderoso e definitivo saggio “Fenomenologia del colore”, edito nel 2009 per Matteo editore.
Nel corso del 2009 si susseguono numerose mostre collettive e parallelamente un confronto con altri artisti assimilati dalla comune matrice astratta come Riccardo Licata, di cui si organizzano in occasione dei suoi ottant’anni due importanti esposizioni, al Museo Nazionale di Palazzo Venezia e alla Promotrice delle Belle Arti di Torino dove Finzi è presente con opere degli anni cinquanta; prende inoltre parte all’evento collaterale della 53° Biennale d’Arte di Venezia “Porto d’Arti”, curato da Luciano Caramel e a “Pittura d’Italia” a Castel Sismondo di Rimini, in entrambi i casi con opere più recenti, e a “Gino Morandis e lo spazialismo a Venezia” alla Anfiteatro Arte di Padova. L’anno successivo è presente all’Ermitage di San Pietroburgo nel contesto della mostra “Spazialismi. Riccardo Licata e la pittura a Venezia dal dopoguerra a oggi”, curata da Granzotto e Matveev, con il quadro “Contrasti” del 1952.